Ora andar via da questo grumo torbido
ch’è nostro e tuttavia non ci appartiene;
che come acqua in antiche fonti trema
specchiandoci e l’immagine sfigura;
da tutte queste cose che ogni volta
si riaggrappano a noi come spine-
andarsene, e l’una o l’altra cosa
che più non vedevamo tanto era
quotidiana e abituale, all’improvviso,
quasi fosse un principio, da vicino
guardarla, concilianti e dolci, in viso;
e comprendere come impersonale,
come di là da tutti era la pena
onde la nostra infanzia fino all’orlo era piena-:
Pure, andar via, mano da mano, come
riaprendo una piaga già guarita;
andarsene; ma dove? Nell’incerto,
a una calda, lontana, estranea plaga,
come una quinta dietro ad ogni gesto
indifferente: parete o giardino;
e andarsene: perchè? Per impulso o natura,
per impazienza, per attesa oscura,
per l’Incompreso e per l’Incomprensibile:
Prendere tutto questo su di sè e forse invano
lasciar cadere il nostro dalle dita
per morir soli e non saper perchè-
Questo è l’ingresso in una nuova vita?
Rainer Maria Rilke – La partenza del figliuol prodigo