Salta la navigazione

Category Archives: Narrativa

L’errore è di volere una vita immobile. Si vuole che il tempo si fermi, che l’amore sia eterno, che niente muoia mai, per crogiolarsi in un’eterna infanzia. Si costruiscono muri per proteggersi e sono quei muri che un giorno diventano una prigione.

Ora che vivo con Alice, non costruisco più pareti. Prendo ogni secondo di lei come un regalo. Mi accorgo che si può essere nostalgici del presente. Mi capita di vivere dei momenti così meravigliosi che mi dico “Ehi! Un giorno tutto questo lo rimpiangerò: non devo mai dimenticarmi di questo istante, per poterci ripensare quando tutto andrà male”. Scopro che per restare innamorati è necessaria una parte inafferrabile in ciascuno. (…) Sopratutto, ho imparato che per essere felici bisogna essere stati molto infelici. Senza apprendistato del dolore, la felicità non è solida. L’amore che dura tre anni è quello che non si è inerpicato sulle montagne o non ha frequentato i bassifondi, quello che è caduto dal cielo bell’e pronto. L’amore dura soltanto se ne conosciamo il prezzo, e conviene pagare in anticipo, se no si rischia di saldare il conto a posteriori. Non siamo stati preparati alla felicità perchè non siamo stati abituati all’infelicità. Siamo cresciuti nella religione della comodità. Bisogna sapere chi si è e chi si ama. Bisogna essere compiuti per vivere una storia incompiuta. (…) Non so cosa il passato mi riserva (come diceva Sagan) ma vado avanti, nel terrore meravigliato, perchè non ho altra scelta, vado avanti, meno incurante di un tempo, ma vado avanti comunque, vado avanti nonostante tutto, vado avanti e vi giuro che è bello.

Facciamo l’amore nell’acqua traslucida di una cala deserta. Balliamo sotto le verande. Flirtiamo in un vicolo male illuminato bevendo Marqués de Càceres. Non smettiamo mai di mangiare. E’ la vita vera, insomma.

Frédéric BeigbederL’amore dura tre anni

Caro Nemico,

Ho ricevuto il vostro laconico e dignitoso biglietto di ieri. Non ho mai conosciuto alcuno di cui lo stile rassomigli tanto al suo linguaggio quanto il vostro. Mi sareste molto grato se io rinunciassi all’assurda abitudine di chiamarvi “Nemico”? Vi rinuncerò solo quando Voi rinuncerete alla vostra assurda abitudine di inquietarvi e diventare aggressivo ed offensivo quando una piccola cosa va di traverso. (…)

Sinceramente vostra

S. McBride

***

Caro Nemico,

E’ molto conciliante da parte mia invitarvi a colazione, dopo quella vostra vulcanica esplosione della settimana scorsa. Ad ogni modo vi prego di venire. (…)

Pranziamo alle sette.

Come sempre

Sallie McBride

Caro Nemico,

Avreste dovuto vivere ai tempi in cui ogni uomo abitava soltanto caverne isolate su montagne isolate.

S. McBride

***

Caro Dr. MacRae,

Ho ricevuto il vostro biglietto da visita con le undici parole, in risposta alla mia lettera. Non avevo nessuna intenzione di annoiarvi con le mie attenzioni. Le vostre opinioni e la vostra condotta sono davvero della massima indifferenza per me. Siate maleducato quanto vi piace.

S. McB.

***

Caro Nemico,

Vedete, mi sento molto cordiale verso di voi in questo momento. Quando vi chiamo “MacRae” non vi posso soffrire, invece quando vi chiamo “Nemico” è segno che mi piacete. (…) Sono contenta che vi consideriate ancora amico. Davvero, mi sembra di aver ritrovato qualcosa di assai prezioso che avevo distrattamente smarrito.

S. McB.

Jean WebsterCaro Nemico

“Ma dunque, se abbiamo attraversato dappertutto la città io e la tartaruga”, fece Momo, “se mi cercavano tanto, potevano prendermi facile, no? Siamo andate tanto piano, poi!”

Mastro Hora si chinò a prendere la tartaruga, che stava ai suoi piedi, se la mise sulle ginocchia e le grattò la gola.

“Che ne dici tu, Cassiopea?”, domandò sorridendo, “avrebbero potuto prendervi?”

Sulla corazza apparvero le lettere in stampatello:

“MAI!” e brillavano con tanta allegria che sembrava di sentire una risatina.

“Cassiopea”, spiegò Mastro Hora, “ha la facoltà di vedere un po’ nel futuro. Non molto, una mezz’ora circa.”

“ESATTA!” lampeggiò sulla corazza.

“Chiedo scusa”, si corresse Mastro Hora, “Una mezz’ora esatta. Lei prevede con certezza quello che accadrà entro mezz’ora, non più di mezz’ora, ma sempre. Quindi sapeva, per esempio, se avreste incontrato o no i Signori Grigi.”

“Oh, bello, e pure comodo”, disse Momo meravigliata. “E quando lei sa già da prima che qui o là incontra i Signori Grigi, lei piglia un’altra strada?”

“No, la cosa non è tanto semplice”, rispose Mastro Hora. “Lei non può cambiare quello che sa in anticipo, sa soltanto quello che realmente accadrà. Anche sapendo che lì o là incontrerà i Signori Grigi, dovrà incontrarli. Non potrebbe fare altro.”

“Non ci capisco”, disse Momo con una punta di delusione. “Allora è inutile saperle prima, le cose.”

“A volte, sì” ribatté Mastro Hora. “Nel tuo caso, per esempio, sapeva che prendendo questa o quella strada non avrebbe incontrato i Signori Grigi. E questo vale qualcosa, non trovi?”

Michael EndeMomo

E’ in questo silenzio dei circuiti che ti sto parlando. So bene che, quando finalmente le nostre voci riusciranno a incontrarsi sul filo, ci diremo delle frasi generiche e monche; non è per dirti qualcosa che ti sto chiamando, né perchè creda che tu abbia qualcosa da dirmi. Ci telefoniamo perchè solo nel chiamarci a lunga distanza, in questo cercarci a tentoni attraverso cavi di rame sepolti, relais ingarbugliati, vorticare di spazzole di selettori intasati, in questo scandagliare il silenzio e attendere il ritorno di un’eco, si perpetua il primo richiamo della lontananza, il grido di quando la prima grande crepa della deriva dei continenti s’è aperta sotto i piedi d’una coppia di esseri umani e gli abissi dell’oceano si sono spalancati a separarli mentre l’uno su una riva e l’altra sull’altra trascinati precipitosamente lontano cercavano col loro grido di tendere un ponte sonoro che ancora li tenesse insieme e che si faceva sempre più flebile finchè il rombo delle onde non lo travolgeva senza speranza. Da allora la distanza è l’ordito che regge la trama d’ogni storia d’amore come d’ogni rapporto tra i viventi, la distanza che gli uccelli cercano di colmare lanciando nell’aria del mattino le arcate sottili dei loro gorgheggi, così come noi lanciando nelle nervature della terra sventagliate d’impulsi elettrici traducibili in comandi per i sistemi a relais: solo modo che resta agli esseri umani di sapere che si stanno chiamando per il bisogno di chiamarsi e basta. (…) Come un bosco assordato dal cinguettio degli uccelli, il nostro pianeta telefonico vibra di conversazioni realizzate o tentate, di trilli di suonerie, del tinnire di una linea interrotta, del sibilo d’un segnale, di tonalità, di metronomi; e il risultato di tutto questo è un pigolìo universale, che nasce dal bisogno di ogni individuo di manifestare a qualcun’altro la propria esistenza, e dalla paura di comprendere alla fine che solo esiste la rete telefonica, mentre chi chiama e chi risponde forse non esistono affatto. (…) Intanto posso continuare a pensare cose che non ti dirò mai, pensieri indirizzati al telefono più che a te, che riguardano il rapporto che ho con te attraverso il telefono, anzi il raporto che ho col telefono col pretesto di te.

Italo Calvino Prima che tu dica “pronto”

Margaret era spesso rimasta perplessa davanti al sommovimento delle acque del mondo, quando dentro, così simile a un sassolino, scivola Amore. Chi è toccato da Amore, oltre all’amato e all’amante? Eppure è un impatto che inonda mille spiagge. Senza dubbio il sommovimento è lo spirito delle generazioni: accogliendo le nuove generazioni sfida il Destino ultimo che nel palmo della mano tiene tutti i mari. Ma Amore, questo, non lo capisce. Non può capire un’altra infinità; è consapevole soltanto della propria infinità -fugace raggio di sole, rosa caduca, sassolino che chiede di tuffarsi quietamente sotto la tormentosa interazione del tempo e dello spazio. Sa che alla fine delle cose sopravviverà e sarà raccolto dal Destino come un gioiello dalla melma e passato di mano in mano con ammirazione nell’assemblea degli dei. “Gli uomini hanno prodotto questo”, diranno e, dicendolo, daranno loro l’immortalità. Ma nel frattempo… che confusione nel frattempo!

E.M. ForsterCasa Howard

Amore le ha riscaldato un bagno che la brucia e la tormenta.

Ora le fa bene, ora le fa male; un momento lo desidera, l’altro lo rifiuta. Accusa i propri occhi di tradimento, e dice:

“Occhi, mi avete tradita! per causa vostra il cuore, che un tempo mi fu sì fedele, ora mi ha presa in odio. Tutto ciò che vedo mi dispiace. Mi dispiace? Al contrario, mi piace; e se vedo cosa che mi dà pena, devo forse pensare di non avere potere sui miei occhi? Avrei perduto la mia forza e dovrei stimarmi ben poco se non potessi governarli e volgerli altrove! In tal modo potrò facilmente difendermi da Amore che mi vuole dominare. Occhio che on vede, cuore che non duole; e se non vedo quel valletto non ne avrò alcuna pena.

“Ma egli né mi richiede né mi prega. Dovrò io amarlo s’egli non mi ama? Se la sua bellezza attrae i miei occhi ed essi ne sono colpiti, dirò per questo che l’amo? Giammai, ché sarebbe menzogna. Così egli non ha diritti su di me, né può reclamare nulla: non si può amare con gli occhi!

“In cosa dunque hanno mancato i miei occhi se guardano ciò che desidero? Quale colpa, quale torto hanno? Devo biasimarli per questo? No, certo.

“E chi, dunque?

“Me stessa, che li custodisco. I miei occhi non contemplano nulla che non piaccia o convenga al cuore. Esso non avrebbe dovuto trovare diletto in cosa che mi facesse soffrire. E’ desiderio del cuore la causa del mio tormento.

“Il mio tormento? In fede mia, sono dunque folle se per mezzo suo, voglio ciò che mi affanna. Se posso, devo ben rimuovere un desiderio che mi arreca pena.

“Se posso? Insensata, cosa ho detto? Potrei invero ben poco se non avessi il dominio di me stessa! Crede forse Amore di guidarmi, lui che è uso a fuorviare tutti? Ebbene, conduca pure gli altri: io non gli appartengo affatto, e mai gli apparterrò, non più di quanto gli sia appartenuta in passato; né la sua familiarità mi sarà mai gradita!”

Chrétien de TroyesCligès

Alla società si può imporre tutto, tranne ciò che ha una conseguenza. (…)

Esiste una cortesia del cuore; essa è affine all’amore. (…)

La dipendenza volontaria è la condizione più bella e come sarebbe possibile senza l’amore? Non siamo mai tanto lontani dai nostri desideri come quando ci figuriamo di possedere ciò che desideriamo. Nessuno è più schiavo di colui che crede di essere libero senza esserlo.

Non appena uno si dichiara libero subito si sente limitato. Ma se solo osa chiamarsi limitato, ecco che si sente libero.(…)

Veder trattare le cose difficili in modo lieve ci dà l’immagine dell’impossibile. Le difficoltà aumentano quanto più ci avviciniamo alla meta?

Seminare non è così faticoso come raccogliere.

GoetheLe affinità elettive

Avete intravisto una stella nelle profondità degli spazi. L’avete ammirata. E’ così lontana! Cosa temere da una stella fissa? Un giorno -una notte-, la vedete muoversi. Le distinguete un brivido di luce tutt’intorno. Quell’astro, che credevate impassibile, si sposta. Non è una stella, è una cometa. E’ l’immensa incendiaria del cielo. L’astro avanza, s’ingrandisce, scuote la sua chioma purpurea, diventa enorme. Si dirige dalla vostra parte. O terrore, viene da voi! La cometa vi conosce, la cometa vi desidera, la cometa vi vuole. Spaventoso approccio celeste. Ciò che si avvicina è l’eccesso di luce, che è accecamento; è l’eccesso di vita, che è morte. Questa profferta che lo zenit vi fa, voi la rifiutate. Quest’offerta d’amore del baratro, voi la respingete. Vi coprite gli occhi con le mani, vi nascondete, vi sottraete, vi credete in salvo. Riaprite le palpebre… -La temibile stella è lì. Non è più una stella, è un mondo. Mondo sconosciuto. Mondo di lava e di brace. Divorante prodigio delle profondità. Riempie il cielo. Non c’è più che lei. Il carbonchio delle profondità dell’infinito, diamante in lontananza, da vicino è fornace. Voi siete nella sua fiamma.

E sentite iniziare la vostra combustione con un calore paradisiaco.

Victor Hugo L’uomo che ride

Madame Olenska, toltosi il mantello, si sedette su una delle sedie. Archer si poggiò sul camino e la guardò.

“Adesso ride; ma quando mi ha scritto era infelice”, disse.

“Sì” Ellen fece una pausa:”Ma dato che lei è qui non riesco a sentirmi infelice”.

“Non rimarrò a lungo”, ribattè lui, irrigidendo le labbra nello sforzo di non aggiungere altro.

“No, lo so. Ma io sono incauta: vivo nell’attimo in cui sono felice”.

Edith WhartonL’età dell’innocenza

Andava e veniva, delicata e fatale, carica d’infinita energia, dall’altro lato delle salde sbarre e tutti la guardavamo. Era la tigre di quel mattino, a Palermo, e la tigre dell’Oriente e la tigre di Blake e di Hugo e Shere Khan, e le tigri che furono e che saranno e insieme la tigre archetipa, poichè l’individuo, nel suo caso, è tutta la specie. Pensammo che era sanguinaria e bella. Norah, una bambina, disse: E’ fatta per l’amore.

Jorge Luis Borges Storia della notte La tigre